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DRAWBAR REGISTRATIONS

Power Three, tema con variazioni

ultimo aggiornamento: MAGGIO 2002

888 e sei zeri, ovvero un buon 60% di storia dell’Hammond nel jazz, nel blues ecc. L’uovo di Colombo, un’idea semplice e geniale, forse il suono più ‘hammond’ dell’Hammond, bello con il chorus o senza, con la percussione ma anche senza purché reso rotondo dal leslie. C’è qualcosa di mistico in quella formula: 8 è il segno dell’infinito ed è ripetuto tre volte. Un infinito trinitario. Divagazioni numerologiche a parte, qual è il suo segreto? Unire il 16’ che dà profondità con l’8’ che dà corpo – o se preferite, struttura – e la quinta (5 1/3’) che aggiunge ‘nasalità’ e spicco. In realtà, il ‘power three’ rimanda a classiche combinazioni di registri d’organo a canne per suonare la melodia del solo, quelle in cui si univano la fondamentale, l’ottava (questa non sempre) e un registro in quinta come il Flauto in XII o Nazardo. Niente di nuovo in assoluto ma la riscoperta, magari casuale e inconsapevole, di una perla organistica e la sua ‘stilizzazione’ moderna.

Due strade per variare

Così com’è, il power three è perfetto e i tre ingredienti (profondità, corpo e nasalità) sono in assoluto equilibrio. E’ però interessante lavorare sulle sfumature e decomporre quell’equilibrio, esaltando di volta in volta la profondità o la nasalità – mentre credo non sia consigliabile porre in primo piano il ‘corpo’, cioè l’8’, perchè il risultato è appesantito e piatto – .
Lavorando sul power three, dunque, si può andare sostanzialmente in due direzioni: partire dal 16’ tutto fuori e aggiungere IN MISURA MINORE la sequenza 5 1/3’ – 8’, IN MODO CHE LA QUINTA PREVALGA SULL’8’; oppure fare una scaletta, una specie di mezzo reed, partendo da un 16’ a metà corsa o giù di lì e aggiungendo il 5 1/3’ e l’8’, anche in questo caso con la quinta più forte dell’ottava (non dovrei chiamare così l’8’, normalmente ritenuto la fondamentale, ma su questo dirò appresso...). Nel primo caso, il timbro sarà particolarmente limpido e adatto a creare atmosfere ‘meditative’ – dunque molto al jazz – , e tenderà ad una certa esilità sulle acute; nel secondo, dato che la parte del leone la fa la quinta, si avranno sonorità aggressive e taglienti, decisamente rockettare, ma un po’ deboli sulle medio-basse; debolezza compensabile con l’overdrive che ingrossa il suono. In ambedue i casi, poi, la gamma delle ‘nuances’ ottenibili aumenta inserendo a vari livelli il 4’.

Qualche esempio. PRIMO CASO: 862 ecc., oppure 8624 (o 5) ecc. più percussione 3nd soft-fast.  884 ecc. oppure 8844, percussione come sopra. Sono due varianti che restano nell’ambito del power three classico, con un colore più morbido e scuro. L’884, mi segnala Pipinamiao (Massimo Lucchi), deriva in realtà da un semplice 880 ecc. che ha nobili origini (non ricordo chi lo usava: Massimo, dillo tu) ed era suonato con la percussione sulla seconda armonica: brillante, limpido e sottile sulle acute. Un discorso a parte merita, secondo me, 8333 ecc. con percussione 2nd soft-long: sonorità ‘pianistica’ e luminosa, una vocazione speciale per il fraseggio con acciaccature, sorprendente suonando musica brasiliana. Per accentuare al massimo il carattere pianistico, osare la percussione su normal. Ammette alcune varianti: 8555, più forte, con la classica percussione 3nd soft-fast (anche 855 senza 4’); 8633, una via di mezzo tra la ‘matrice’ 8333 e il tipo 8624 (percussione 3nd soft-fast)...

SECONDO CASO: 586 ecc. o 386 ecc., percussione 2nd soft-fast, overdrive. Oppure 5864 ecc., senza percussione ma con un bel click a tutto sputo.

E per finire, un settaggio che non è un power three ma può sostituirlo validamente in ambiti jazz sospesi e cool: è il lunare 80 608 0000, con la solita percussione 3nd soft-fast. Magari non è una mia scoperta, non lo so, ma a me sembra un gran suono. E per soprammercato, chi ha un ‘cinque ottave’ provi a riprodurre il power three un’ottava sopra (00888...) e aggiunga la percussione sulla terza armonica: è come suonare 888 con percus su 5 1/3’ !!! Ne riparliamo...

P.S.: perché 5 1/3’ prima di 8’?

Chi non si è chiesto perché Laurens Hammond decise di infilare il 5 1/3’ prima dell’8’ e non dopo, come vorrebbero – Enrico Cosimi docet – le regole dell’armonia complementare? Non so se si abbiano testimonianze storiche sul punto, e se esistono prego chi ne è al corrente di informarci. Io mi sono fatto quest’idea: l’Hammond è nato come surrogato dell’organo a canne. Nella tradizione organaria più antica si considera registro di Principale il più grave: in base a ciò, il “Principale” dell’Hammond è il 16’, l’8’ è l’Ottava, il 5 1/3’ la Duodecima (per usare la terminologia italiana antica) eccetera. Ma nell’organaria tardo-ottocentesca diviene comune la prassi (che ha precedenti antichi) di definire Principale l’8’ anche in presenza del 16’, chiamando quest’ultimo Sub-ottava (in Italia è frequente la dicitura “Principale profondo”). Laurens, che inventa la sua creatura negli anni Trenta, in pieno apogeo dell’organo eclettico-sinfonico, sta all’idea che la fondamentale sia l’8’. A questo punto, poiché all’organaria tradizionale ripugna la quinta della fondamentale (tale è 5 1/3’ se si considera 8’ fondamentale) – e in effetti 5 1/3’ è raro negli organi a canne di ogni epoca, se non come dodicesimo grado rispetto ad un principale di 16’ -, Laurens relega 5 1/3’ nell’artificioso ambito delle subottave. E questo, secondo me, è l’unico appunto che si possa muovere all’organo Hammond. La verità è che l’Hammond è uno strumento in 16’ e la collocazione della quinta grave, oltre che illogica, può risultare scomoda. Anche se già odo il grido degli hammondofili: 16-5 1/3-8, Laurens ce l’ha dato e guai a chi lo tocca!!! Si vive anche di tradizioni, e in fondo la penso così anch’io.
 


 


Un’ottava sopra: l’altra faccia del p.th.

Si diceva della possibilità di replicare 888 un’ottava sopra, partendo da 8’. Obiezione: e chi ce lo fa fare? Tanto più, si dirà, che da do 5 in poi è off-limits: ci si può al massimo arbitrare una partita e fischiare i fuorigioco. E poi si perde l’ottava bassa (per quello che serve nel solo). Insomma, due ottave di meno. Vero. Ma il bello comincia con la percussione: 00888 e la percussione 2nd è come suonare 888 con una percussione su 8’, con 3nd come 888 con una percussione su 5 1/3’. In termini hammondistici, si può in pratica fraseggiare con l’ausilio della percussione sulla prima armonica o sulla seconda subottava. Con quale risultato? Quando tra drawbars e percussione l’intervallo armonico si restringe, la percussione cambia volto: si fonde di più con il timbro organistico e la sonorità complessiva diviene rarefatta. Prendendo i setting proposti sopra e reimpostandoli da 8’ in su con gli intervalli equivalenti, aggiungendo la percussione si ha grosso modo lo stesso suono in versione, per così dire, notturna. Ad esempio, se invece di 8333 + 2nd imposto 008333 + 2nd, o invece di 8555 + 3nd 008555 + 3nd, il timbro è ancor più ‘da meditazione’. Si apre così un versante del suono Hammond in cui non mancano le possibilità di ricerca.

Meglio crudo

Primo dato di un certo interesse: questa versione del power three un’ottava sopra dà forse il meglio senza leslie e senza chorus, allo stato naturale e crudo. L’ideale, dunque, è avere un leslie che va anche in stazionario, o un 122 con gli spinotti dello slow disinseriti, o un A100 con i suoi coni integrati nel mobile, o un clone amplificato con un combo e con la simulazione rotary disinserita. Rispettata questa precondizione (ovviamente non tassativa, specialmente per il chorus), suggerisco a chi fa jazz di settare una ‘tripletta’ in base di 8’, aggiungere la percussione sulla 2^ e accennare “’Round midnight”: Thelonius Monk drizzerà le orecchie dal suo angolo di paradiso. E vedete cosa succede con scale e arpeggi hard bop, cool, modali ecc.: Larry Young ci troverebbe il suo perché.

E sommando gli acuti...

Altro risvolto degno di nota: nelle combinazioni in cui al power three si sommano i drawbars acuti (1 3/5’ e/o 1 1/3’), la percussione può starci ma si ha la sensazione che ‘stacchi’ troppo. Partendo invece da 00888, o dalle relative varianti, questo non accade. L’impasto timbrico è più compatto e si capisce perché: in realtà, 1 1/3’ sta a 8’ come 2 2/3’ a 16’; dunque le frequenze sono più vicine (occhio: 1 3/5’, invece, che è l’unica terza, non ha equivalenti a frequenze più basse; e questa è un’altra esclusiva dell’impostazione da 8’). E ci risiamo: non basta allora sfruttare l’abbinamento [16’-5 1/3’-8’] + 2 2/3’? Ma qui parliamo di percussione: se su 008880080 inserisco 2nd, questa batte su una frequenza che è gia presente tra i drawbars, nella versione classica da 16’ no. Per capirci meglio, traduciamo il settaggio in base di 16’, senza dimenticare che stiamo compensando l’innalzamento generale di un’ottava suonando un’ottava sotto: abbiamo a che fare con un virtuale 888080000 con percussione su 5 1/3’. Chiaro? Armoniche più vicine, percussione ‘dentro’ il setting. E chi ha un clone che non disattiva l’ultimo drawbar all’inserimento della percussione, può provare anche con 1’.

Non solo per orecchie delicate

Tutto questo discorso sembrerebbe materia esclusiva da jazzisti. Non è esatto: nella ricerca timbrica, immagino siate d’accordo, si deve osare. E allora, rockettari, udite: provate a fare 00888 + 3nd con l’overdrive, jammate e tirate le conclusioni. A me risulta un feeling interessante, rarefatto e aggressivo insieme, che crea un clima di attesa. Qualcosa ci si può fare. Magari, non esagerando con l’overdrive, l’attacco di “Child in time”. La proposta è sacrilega? E allora lasciate perdere gli esperimenti con i cimeli storici e azzardate 0888. Esatto: 5 1/3’-8’-4’. Un’ottava sopra, equivale a 16’-10 1/3’-8’, cioè proprio a quell’amalgama ‘fondamentale più quinta’ da cui la tradizione organistica rifugge come dal demonio, perché è stridente, aspro, cattivissimo. Ma voi non avete simili remore, anzi...


 

Paolo Veronesi, author
 
 
 


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